Pesci e mandorle: un sogno surreale e gustoso

I riflettori si accendono e illuminano una scena dall’aspetto surreale. Da un mare candido, lattiginoso, emergono creature marine di varia forma e colore.
Danzano con grazia, in un susseguirsi di movimenti eleganti e composti, aspettando la nota che dia l’avvio al loro canto. Protagonisti dalla voce diversa, si uniranno tutti in un coro armonico per narrare una storia a metà tra il mito e la tradizione.
È pensando a questa scena che è nato il mio “Pesci e mandorle”, sognando di trascinare i tesori del Mediterraneo su un vellutato mare di latte di mandorla. Tra le sue onde spiccano la triglia di scoglio con il suo manto vivace e il gambero rosso, seguiti dalle vongole e dalle cozze sauté, mentre al centro campeggia un’ostrica, schiusasi al caldo del barbecue.
Così mare e terra si ritrovano in un piatto dall’estetica minimalista ma dal gusto barocco, con un’essenza marina di salicornia e fumetto di pesce a fare da contrasto alla delicatezza della mandorla bianca Romana di Noto.

La mia Noto in un tortello

Ad un tratto le luci calano e un occhio di bue si accende per illuminare il palco. Accompagnati da una marcia trionfale entrano in scena vestiti di bianco, impettiti e fieri, i miei tortelli di ricotta di pecora, con crema di mandorle e prezzemolo. Non è certo un debutto il loro, eppure ogni volta che li preparo provo un’emozione particolare. Sarà che in questi sedici anni sono cresciuti con me e li ho visti cambiare ed evolversi, fino a farsi espressione pura della mia idea di cucina e della mia città.
Oggi ve li presento così, su di un latte di mandorle di Noto arricchito con salvia e clorofilla di prezzemolo, che ricorda le mandorle acerbe appena colte dall’albero. La loro pasta vellutata, tirata a mano come vuole la tradizione, si ripiega per custodire la dolcezza della ricotta ovina e li rende il mio personale passaporto per il territorio. Pochi elementi dalla grande forza evocativa che si lasciano esaltare dalla mandorla tostata e salata in cima, come a fare da formaggio.

L’opulenza dell’estate: memoria di parmigiana

La sala è silenziosa, ognuno ha ripreso posto e attende con ansia che il sipario si schiuda. Dietro le tende rosse c’è lei, bellissima, con una corona color smeraldo sulla meravigliosa chioma purpurea.
Calca la scena con passo suadente e si presenta in purezza, con la solennità che le si addice. Eccola la mia memoria di parmigiana, contemporanea interprete di un’antica tradizione contadina. Il suo sarà un monologo intenso, teso tra esaltazione e trapasso dei sapori del passato. A lei ho dato un ruolo centrale nel mio menu, perché con voce calda canti l’opulenza dell’estate e il sapore della Sicilia.
La sua armonia è frutto di una studiata miscellanea di sapori, nata dall’intenzione di mettere la melanzana al centro e di usarne ogni elemento. L’ho privata dall’acqua per farne risaltare le note amaricanti e l’ho accompagnata con una spuma di tumazzu, delicatamente acida per rinfrescare il palato, e dei pomodori macerati per 24 ore e poi seccati in forno. A completare il piatto con una nota umami è uno sciroppo di melanzane, ottenuto dagli scarti dell’ortaggio.

Le mie creste di gallo, tra tecnica e illusione

Le luci si spengono e nell’oscurità del teatro cala un silenzio perfetto, denso di attese e speranze. Quando il sipario si apre loro sono già lì, fieri ed immobili, con lo sguardo fisso ad un orizzonte lontano, oltre la platea.
È così che immagino i miei ravioli, eleganti creste di gallo in cui tecnica e illusione si fondono in un’espressione da gustare.
Una sfoglia sottile s’increspa ad accogliere un mio ricordo d’infanzia, quel richiamo atavico al fuoco che mi faceva guardare incantato le vetrine del girarrosto e la danza dei polli che cuocevano al profumo di legna.
Ho voluto creare una precisa corrispondenza tra forma e contenuto, scegliendo la dolcezza della carota per fare da contraltare al gustoso ripieno di pollo e patate. Un tocco di menta completa il piatto dandogli una profondità balsamica, mentre la sensazione terrosa della bietola crea nuovi equilibri e gioca tra sapidità e affumicatura.